Ieri, toccavo il cielo con un dito. Non era per superbia, per vanità o altro.
Il gatto gioca, con le cicale, Il sole spiana vecchie zanzare. Sale il giorno
Fugge la corte il passero inquieto, il suo canto dolente, gli dei han posto il veto. Agita le zampette
Travagliata pietra gravida di terrore e rabbia, a chi ti rivolgi in questa notte scura?
Ti ho rubato una foto ieri sera mentre eri tra i tuoi amici. Non pensare male,
E vivrò nella tua voce, nella speranza che ti compone, fino al desiderio ultimo di vivere, un giorno solo felice e nel tuo nome.
Sarà l’amore, Il sorriso sopraffino. Saran le fragole, sarà il buon vino.
Se lo cercherai, lo troverai ai bordi delle strade o su di un gozzo acceso, mente nei suoi balocchi,
Fiocchi di membra, ossi spezzati e vitelli mai nati.
Lo senti, è il canto dei campanili, delle mie incertezze, onda, dei tuoi sospiri. È il fuggir grave,
Voltati, la stella che ammiravi un tempo non porta più il tuo nome. Il tuo odio l’ha oscurata, l’ingratitudine
Mi chiedo, con la penna in mano, nel giorno andato come un sovrano… se il tuo amor sarà per sempre rivolto altrove, o a me, continuam… Cosa farò di questo abbraccio
Atterrito di non amare. Come una pietra scalza, sul nudo piè. Nudi, come l’amor sol è.
T’amo, e più non odo le mie parole. Sol delle tue, ora m’è colmo
Non ci saranno prediche, Né più sermoni, Su ciò che ha afflitto Noi, Uomini nuovi.