Canta qui un murmure: madide punte cadute per sorte ai reduci arbusti… e il crocchio della suola sugli ad… fuscelli in rovina, vene consunte raccolte sui tronchi rigidi e spog…
L’uomo che a me porge la sua mela appare agli altri il Diavolo tenta… ma occhi non ha di tentazione. Ci accomuna un’inquietudine serena…
Oggi vado, ramingo tra i volti, evaso dalla mia prigione d’oro, ed anch’io non so più chi sono– forse un pio che resuscita i morti… forse un reo, mendicante perdono–
Ombra notturna, lugubre forma, luce che sei, sospesa, accogli gli occhi miei, dai sogni ormai perduti tormentati, in questa veglia buia!
Svanì rapido col suo mistero. Era il baleno, l’istante del bocciolo dischiuso, aperto e già concluso nel suo profumo aitante.
Lambisci pure, o luce d’oro, i miei mattini d’ombra. Campisci il cielo del tuo inchiostro chiaro… Quando sparuta alla riviera ti sporgi, s’incorona il mare
Parigi, d’antichi Lutezia, triste suono della calma Senna al chiaroscuro dei boulevards, alcova di raminghi e borghesi, non sei che terra di uomini.
Osserva la terra lacerata, trafitta dai papaveri vermiglio e dall’erba rigogliosa, dalla formica operosa e da tutta la minuzia viva.
Chissà se la volontà s’incrini all’impotenza del volere dinnanzi al fatto necessario, o se l’atto sempre sia contrario al caotico destino.
Ti sei spenta, fiamma dolce. Ed ora è fredda, ora è amara, l’aria satura del tuo fumo.
E tu, di Minerva ministra, che per trecce infuocate coroni il tuo capo, hai un cuore tra i seni e lo servi al destino?
La roccia non disgrega al colpo della goccia e, pare strano, ma vano è lo scalpello aguzzo sul mio cristallo duro.
Mi parrà di morire nell’ora di un bacio quando calde salive fonderanno le anime. Quali enigmi di ghiandole,
Vorrei trovarmi ancora in interminabili respiri, nei miei passi distanti di creatura carnale, essere in amore. Sarei leggero
Che ho da chiederti, o vita? Quale dono o cambiamento? Sull’albizia il fiore attendo e null’altro. Allora perché questa preghiera