#ScrittoriItaliani
Senza di te un albero non sarebbe più un albero. Nulla senza di te sarebbe quello che è.
Faceva freddo. Il vento mi tagliava le dita. Ero senza fiato. Non ero stato mai più contento.
Hanno rubato Dio. Il cielo è vuoto. Il ladro non è ancora stato (non lo sarà mai) arrestato
Genova mia città intera. Geranio. Polveriera. Genova di ferro e aria, mia lavagna, arenaria. Genova città pulita.
Imbrogliare le carte, far perdere la partita. È il compito del poeta? Lo scopo della sua vita.
Così di rado l’ho visto e, sempre, così di sfuggita. Una volta, o m’è parso, fu in uno dei più bui cantoni d’un bar, al porto.
Ho provato a parlare. Forse, ignoro la lingua. Tutte frasi sbagliate. Le risposte: sassate.
Non è arrivato nessuno. Tutti sono scesi. Uno (l’ultimo) s’è soffermato un attimo, il volto nel lampo
Tutti riceviamo un dono. Poi, non ricordiamo più né da chi, né che sia. Soltanto ne conserviamo –pungente e senza condono –
Sono tornato là dove non ero mai stato. Nulla, da come non fu, è mutato. Sul tavolo (sull’incerato a quadretti) ammezzato
Sei donna di marine, donna che apre riviere. L’aria delle mattine bianche è la tua aria di sale e sono vele
Per lei voglio rime chiare, usuali: in –are. Rime magari vietate, ma aperte: ventilate. Rime coi suoni fini
Sta forse nel non essere l’immensità di Dio?
Chi avrebbe mai pensato, allora, di doverla incontrare un’alba (così sola e debole, e senza l’appoggio di una parola)
Se non dovessi tornare, sappiate che non sono mai partito. Il mio viaggiare È stato tutto un restare