Dalla raccolta "Crisalidi, amnesie di un giorno all'imbrunire"©di Francesco D'Addino.
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Guardai il tuo viso e n’ ammirai l’Infinito dietro a quei luoghi placidi e anfratti soleggiati da speranze umane
Udendo il vento sperai suggerisse la vita, mutilai il dolore in piccole gocce
Liberai il pensiero dalle spire del serpente, quando dagli occhi di un altro essere percepii la paura,
Osservo la notte quando fra i rami s’inoltra e le grigie nuvole al cospetto, sole si porta
Per i campi della campagna è giunta l’ alba e canta il gallo in equilibrio su di un palo Erge il capo, l’anziano contadino
La corteccia ruvida di un albero è pari nel ricordo, ad un viso ch’ invecchiato mostra segni di vita e di gioia come speranze ambrate
Svuotai il cuore, dalle emozioni ch’ in fondo lei non avrebbe capito. Ed ordinai da bere a quell’ oste,
Ho cercato nella notte assoluta crepe che aprissero varchi di luce Per dimensioni parallele e viaggi temporali, oltre la singola speranza umana.
Come oggi, ho conosciuto il nostro amore E sotto l’incedere del passo, avvicinai i sogni alla vita E poi,
Dolce Venere dalla pelle olivastra e dagli occhi bruni da cerbiatta fan il cuor sospirar
Pensiero vergine a quando il tempo fu pulito, dalle ansie e dall’angoscia e la tua bocca è stata rosa da baciare
Lune avorio lambiscono erranti figure nelle notti in cui il pensiero agita l’anima
L’ anima nostra sul finire del mondo fu l’ alba e il tramonto: Sogno mai corrotto.
Coltivano le terre, le stanche braccia di contadini martoriati da immani fatiche, nelle afose e ribollenti arie