Ti sei spenta, fiamma dolce. Ed ora è fredda, ora è amara, l’aria satura del tuo fumo.
Parigi, il tonfo d’un sasso, nella tua Senna caduto, pare il cuore. Parigi, terra umana d’umani addii,
Dannati quei poeti che non dissero con pia voce di follia, ai calmi delittuosi timpani di fulgenti divise decorate, a mani avide brandenti saluti
Domani, mia guerra e martirio, linfa del giglio e dell’acanto, sarai rugiada nel mattino, goccia tenera, in sè racchiusa, più resiliente e gracile struttura
Tardiva di un’ora un’ora t’ho attesa, sorella mia buona che lasciai bambina. In quell’ora, sospesa,
Supino al fianco d’una venere —nel vuoto che succede al culmine— ho perduto la scienza d’esistere. Poco più d’un respiro è valsa questa piena assenza del vivere.
Chissà se la volontà s’incrini all’impotenza del volere dinnanzi al fatto necessario, o se l’atto sempre sia contrario al caotico destino.
Svanì rapido col suo mistero. Era il baleno, l’istante del bocciolo dischiuso, aperto e già concluso nel suo profumo aitante.
Ebbe così albore l’ultimo declino, alzandosi quel fungo velenoso sull’uomo inerme al suo destino. Poi ancora l’ardore indecoroso: il soldato decorato
Pantani di bitume innaffia l’acqua… crosciando violenta sui catrami sm… Come sporcizia laida e incrostata, scalcina la grazia dai prometei vo… Oltre la cupola, sferzata dai nimb…
O mosca nera, nel calice caduta, morta ebbra del mio vino, tomba più dolce non puoi bramare.
T’ho amata sul Tevere, torbide acque corsiere, sapendoti perduta. Chissà in quali riviere, nota sconosciuta,
L’insonnia sopisco col dolce quieto vino. Già più non ho parole nel mio cuore stanco. Allo sguardo ogni cosa
L’urlo non supera la mia afonia. Assieme a me la sera è sola. S’incede appressati al cespo che si fa siepe più in là dove la pietraia arenata si fa schiuma
Cosa casca dai cieli torvi tra i queruli canti stinti nei via… Aghi di tedio, rostri di corvi o fini dolori in madidi strali? Chi ora lacrima dall’empireo–