#ScrittoriItaliani
Sta forse nel non essere l’immensità di Dio?
Chi avrebbe mai pensato, allora, di doverla incontrare un’alba (così sola e debole, e senza l’appoggio di una parola)
Un’idea mi frulla, scema come una rosa. Dopo di noi non c’è nulla. Nemmeno il nulla, che già sarebbe qualcosa.
Non credo che questo sia il fischio del bracconiere. C’è troppa nebbia. Comunque (qui son le carte) finite voi la partita. Io
Aveva posato la sua lanterna sul prato. Aveva allargato le braccia. Tutto quel sole. Tutto
Genova mia città intera. Geranio. Polveriera. Genova di ferro e aria, mia lavagna, arenaria. Genova città pulita.
Imbrogliare le carte, far perdere la partita. È il compito del poeta? Lo scopo della sua vita.
Da sempre me ne sono accorto. La ragione è sempre dalla parte del torto.
Ah, mio dio, Mio Dio, perché non esisti? Dio onnipotente, cerca (sfórzati)… almeno di esistere.
Ricordo una chiesa antica, romita, nell’ora in cui l’aria s’arancia e si scheggia ogni voce sotto l’arcata del cielo.
Non è arrivato nessuno. Tutti sono scesi. Uno (l’ultimo) s’è soffermato un attimo, il volto nel lampo
Un semplice dato: Dio non s’è nascosto. Dio si è suicidato.
L’occasione era bella. Volli sperare anch’io. Puntai in alto. Una stella o l’occhio (il gelo) di Dio?
Mi sono risolto. Mi sono voltato indietro. Ho scorto uno per uno negli occhi i miei assassini.
Amici, credo che sia meglio per me cominciare a tirar giù la valigia. Anche se non so bene l’ora d’arrivo, e neppure